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Wednesday, December 25th, 2024

(vinoclick) Si è svolto a Firenze dal 15 al 18 maggio il Master of Wine, una serie di tavoli di discussione sul mondo del vino con tutti i più grandi produttori mondiali. Tra i vari argomenti trattati si è toccato quello delle vigne OGM, ovvero quei cloni geneticamente modificati. A toccare un argomento così sensibile è stato il genetista svizzero Josè Vouillamoz specializzato sul DNA delle vigne il quale afferma che creare per esempio un Pinot Nero che possa resistere ai cambiamenti climatici e alle malattie che affligono alcune specie ed in alcune zone, porterebbe grandi benefici soprattutto ai grandissimi produttori di vino di alto pregio citando come esempio Romanèe Conti il quale vedrebbe i propri vini sempre con una produzione a dir poco perfetta sempre. Inoltre Vouillamoz propone anche alcune sperimentazioni con incroci alquanto strani come Merlot e Saperavi, vitigno a noi sconosciuto ed originario della Georgia oppure innestare Pinot Nero e Furmint altro vitigno poco conosciuto a bacca bianca originario dell’Ungheria ma coltivato anche in molti paesi dell’est.Queste sono solo un paio di proposte del genetista svizzero il quale afferma che al momento l’unica sperimentazione riuscita sembra sia quella tra Muller Thurgau e Alicante Henri Bouschet, vitigno francese.

IMWlogoLa risposta a Josè Vouillamoz arriva dal produttore francese Oliver Humbrecht di Domaine Zind Humbrecht in Alsazia il quale definisce le teorie del genetista svizzero “armi di distruzione di massa” perché se è vero che una vigna OGM diventerebbe più resistente ai fattori atmosferici e alle malattie, di contro, darebbe vita ad una diminuzione dei cloni con i produttori che espianterebbero tutti i loro vigneti di nicchia per allevare solo uve che danno vini di gran pregio, come Pinot Nero, Chardonnay, Cabernet e pochi altri che sarebbero più appetibili sul mercato snaturando l’originalità del terroir. A tal proposito lo stesso Vouillamoz ha elogiato il grande salto qualitativo del nostro Sagrantino e insieme alle 400 varietà di uve presenti in Italia tra cui pone un particolare interesse per il Lagrein del Trentino e per il Nieddera della Sardegna. L’argomento oltre una discussione accesa ha portato alla conclusione che la strada non è ancora percorribile, ne tantomeno lo sarà in seguito, stesso discorso vale per i lieviti ed i portainnesti OGM. Un altro ostacolo viene comunque dall’opinione pubblica che non vede di buon occhio bere vino da una vigna geneticamente modificata.

A concludere la serie di incontri è stato Piero Antinori che oltre ad essere uno tra i primi produttori italiani come fatturato è stato il fautore dell’organizzazione di questo Master of Wine che si tiene ogni 4 anni in luoghi sempre diversi, inoltre  è anche Presidente dell’istituto Vini Grandi Marchi il quale raggruppa 19 tra i più grandi e prestigiosi produttori italiani che si pongono come obbiettivo quello di promuovere il vino nel Mondo e farne un vanto per l’Italia e a tal proposito l’intervento di Piero Antinori mirava proprio a questo, affermando che i prezzi per le esportazioni vanno alzati vista la grande qualità dei nostri vini e non svenduti come fanno alcuni produttori che abbassano i prezzi per l’export pur di vendere e svuotare le cantine. Questo darebbe forse anche un po’ di respiro al mercato interno, infatti aumentando il fatturato con l’export le aziende avrebbero più risorse per dedicarsi alla promozione del vino in Italia convincendo i consumatori con più efficacia ad entrare in enoteca per acquistare non solo vino italiano, ma vino per arricchire la propria cultura e stimolare di più i produttori a creare prodotti sempre migliori e sempre più di qualità, unico obbiettivo per cercare di competere con i francesi.

 

Massimiliano Furlan