di Massimiliano Furlan
(vinoclick) Siamo in marzo e con l’arrivo delle fiere come ProWine e Vinitaly che sono ormai alle porte si tirano i primi bilanci dell’anno 2015. I numeri del vino italiano dicono che il volume delle esportazioni sia aumentato in maniera importante sopratutto verso mercati come USA, Germania e Regno Unito rispettivamente 1,3 miliardi per il mercato americano seguito a ruota dai tedeschi e 700 milioni di euro per il mercato di oltremanica. Con 80 milioni di euro si attesta il nuovo mercato della Cina che oramai tanto nuovo non lo è più. Cifre importanti, come importante è il dato che attesta le bollicine italiane più vendute di quelle francesi, addirittura il 50% in più, inoltre c’è un dato significativo che riguarda la produzione in ettolitri arrivata a ben 48 milioni, all’incirca quella della Francia. Ma tutti questi dati vanno letti solo ed esclusivamente in chiave positiva? Certamente no. Infatti al buonissimo risultato dell’export viene contrapposto quello negativo del mercato interno che è sceso di diversi punti percentuale, segno che il consumatore oltre a non comprare così tanto vino si rivolge a prodotti di bassa qualità e quindi basso costo. I produttori non si rendono conto ancora di quanto sia importante avere un fatturato italiano importante, in economia ci sono andate e ritorni violenti, oggi le esportazioni funzionano benissimo, domani scoppia la bolla e rimane solo il mercato interno che va coltivato giorno dopo giorno, abbassando un pò i prezzi, promuovendo le aziende nelle varie manifestazioni, promuovendo dei low-cost in alcuni periodi dell’anno con dei vini di qualità. All’estero il nostro magnifico prodotto viene venduto ai rappresentanti a prezzi da miseria per poi trovarli sui loro banchi in enoteca fino a 10 volte più alti, un vero scempio pur di svuotare le cantine. Allora invece di svuotarle all’estero andrebbero promosse delle iniziative per vendere il prodotto a prezzi “umani” qui in Italia.
Una parte importante deve farla il Ministero delle Politiche Agricole, aiutando per esempio i piccoli produttori che non hanno la possibilità di monopolizzare il mercato come fanno alcuni colossi del vino che mostrano i muscoli e comprano cantine su cantine per riempire gli scaffali dei supermercati lasciando senza scampo quelle piccole aziende che alla fine sono costrette a mostrare la resa proprio verso i più forti.
I numeri parlano anche di un aumento delle DOCG, Doc e Igt, questo è un buon indice di qualità? Oppure delle manovre politiche ministeriali per dare dei vantaggi a talune regioni o aziende? L’esempio più eclatante sono le nostre bollicine, il dato che indica il boom dell’export rispetto alla Francia non è un indice di qualità ma semplicemente il record di vendite del Prosecco e in merito a questo il Ministero a pensato bene di allargare a dismisura la DOCG arrivando fino in Friuli dando vita ad un prodotto completamente diverso ma pur sempre di uve Glera e pur sempre Prosecco. Tutto questo non è indice di serietà e qualità ma semplice opportunismo per poi sbandierare i grandi numeri, siamo completamente fuori strada a scapito di un prodotto che è e deve essere un orgoglio per questo paese che cade a pezzi da tutte le parti, che si sta sbriciolando giorno dopo giorno grazie a scelte scellerate della politica ed allora se la nostra enologia può essere un’isola felice dobbiamo fare in modo che lo sia veramente, iniziando dai produttori finendo con le istituzioni per regalare ai consumatori prodotti di grande qualità a prezzi giusti, solo così potremmo avere fiere ed enoteche piene di gente che ha voglia di degustare vino italiano.