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Friday, December 27th, 2024

wine_brexit1(fonte ANSA) L’impatto della Brexit sull’export del made in Italy si fa già sentire, con crolli pesanti delle consegne registrate a luglio per tutti i settori, dal -22% dei mezzi di trasporto (fino a -31% per le auto), al -13 di macchinari e apparecchi, al -9% dell’agroalimentare che finora aveva avuto nella Gran Bretagna il quarto mercato di sbocco. In base ai cali registrati il mese seguente al distacco della Ue, si può prevedere che la Brexit costerà 2,7 miliardi all’anno al Made in Italy e il cibo e vino italiano soffriranno una perdita di 280 milioni. Sono questi i dati diffusi da Coldiretti in occasione del Forum internazionale dell’agricoltura e alimentazione organizzato a Cernobbio. Il distacco dalla Ue marca in rosso le consegne tricolori dopo che i primi sei mesi dell’anno avevano invece consegnato risultati molto positivi, con l’agroalimentare protagonista al traino del vino (esportazioni per 746 milioni di euro nel 2015 e +4% nei primi sei mesi dell’anno) e di un prosecco amatissimo dai Sudditi di Sua Maestà britannica (275 mln di euro nel 2015 e +50% nel 2016). Dietro al vino, grande domanda anche per pasta, per un importo complessivo di vendite nel 2015 di 332 milioni di euro. Ma non è solo il calo dell’export a preoccupare, il rischio sottolinea Coldiretti nella sua indagine, è che con l’uscita dall’Ue si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole all’esportazioni agroalimentari italiane. “Ad esempio si dovrà verificare il destino a livello comunitario della procedura in corso per fermare le etichette a semaforo che la Gran Bretagna ha deciso di far adottare al 98% dei supermercati inglesi nonostante si tratti di un ostacolo alla libera circolazione delle merci” -ricorda il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo. “Il sistema – aggiunge Moncalvo – esclude paradossalmente dalla dieta alimenti sani, dal Parmigiano Reggiano al Prosciutto di Parma, per promuovere, al contrario, le bevande gassate senza zucchero, fuorviando i consumatori rispetto al reale valore nutrizionale e colpendo il 60% delle produzioni italiane”.

La consapevolezza della qualità e l’attenzione al benessere nutrizionale sono invece sempre più un tratto distintivo dei consumatori italiani, secondo l’altra indagine Coldiretti/Censis sulle scelte di acquisto nel Belpaese presentata a Cernobbio. La crisi ha operato un alleggerimento del carrello della spesa di 2,5 chili in dieci anni ma cresce – sottolinea l’organizzazione agricola – l’attenzione alla qualità del cibo, alla sostenibilità ambientale e sociale e alle proprietà salutistiche. E’ boom per i prodotti biologici, portati in tavola da 13 milioni di italiani almeno una volta a settimana e per i prodotti a ‘km 0’, richiestissimi nei mercati dei contadini che per il 40,7% degli italiani rappresentano la garanzia di poter consumare cibi freschi e sicuri. Di contro – elenca Coldiretti – ci sono cibi di importazione straniera, dalle nocciole turche alle arachidi dalla Cina inquinate da aflatossine cancerogene al pesce vietnamita con troppi metalli pesanti, che svettano nella classifica del sistema di allerta europeo.