di Massimiliano Furlan
(vinoclick) Due settimane fa il Vinitaly era in pieno svolgimento e Verona viveva il suo momento di gloria , con enoteche, wine bar, locali e piazze che vedevano migliaia di persone con un bicchiere in mano a degustare vino o soltanto a bere un qualcosa che muove una buona fetta dell’economia agroalimentare. Quanto di vino capissero le persone non si sa perchè la qualità servita sembrava più una mossa svuota cantine che una assaggio di qualità e dove questa era presenta un bicchiere di buon Amarone lo si pagava fino a 20 euro. Ovviamente gli organizzatori dell’edizione 2017 non hanno alcuna responsabilità, anzi con Vinitaly and the City hanno dato la possibilità, pagando, di degustare in strada delle etichette non proprio prestigiose ma sicuramente di buona qualità organizzando anche degustazioni guidate a tema fornendo quindi una ottima possibilità di apprendere alcuni concetti fondamentali del vino.
Il problema vero e proprio che il Vinitaly è considerato un vero e proprio business per la città e nient’altro, a nessuno importa cosa viene servito alle persone, per primi i produttori che avrebbero potuto organizzare qualche evento per tutte le persone che non avevano la possibilità di entrare in Fiera, dare la possibilità a tutti di capire il vino e spingerlo il più possibile, invece l’iniziativa più importante è stata la proposta di chiudere, almeno per un giorno la Fiera a tutti per poter dare loro la possibilità di concedersi la possibilità per condurre solo affari. Quindi escludere stampa, sommelier, ristoratori e tutti quelli che il vino italiano possono trainarlo nel nostro paese. La proposta è assolutamente senza senso che segue di poco quella di Gaja il quale vorrebbe una rassegna dedicata al vino, sul modello di Vinexpo a Bordeaux, da svolgersi ogni due anni e dedicata solo agli addetti al settore con sede ospitante Milano ma la gente deve conoscere quello che beve per poter entrare in enoteca e sapere cosa prendere e degustarlo con grande armonia e felicità per aver speso bene i suoi soldi.
Tutto questo crea solo una grande confusione, a Verona durante tutto il Vinitaly abbiamo notato e neanche tanto sommessamente, persone non addette al settore che affollavano gli stand cercando solo un misero bicchiere di vino da bere, quindi pagando un biglietto di ingresso si poteva anche entrare e questo è assolutamente errato, di contro abbiamo anche notato produttori che blindavano i propri stand, aprendoli solo a chi voleva concludere affari oppure negli stand veniva servito solo vino di nicchia e non tutta la gamma e questo non ha facilitato il nostro compito per scrivere di aziende che potenzialmente sarebbero molto dotate ma delle quali non conosciamo nulla.
La miglior cosa sarebbe un Vinitaly fondato sugli stessi principi del Vinexpo o del Prowine, solo addetti al settore e quindi stand aperti per poter dare la possibilità a chiunque di degustare e raccontare che il nostro vino è fantastico oppure no ma comunque poterlo raccontare, il comparto enologico si tiene in piede praticamente solo grazie alle esportazioni e non tanto di vino fermo ma con le bollicine ed il Prosecco regna sovrano per il resto si va avanti per forza di inerzia.
Il vino italiano ha bisogno di una spinta nazionale, bisogna coinvolgere di più le persone comuni che ormai entrano sempre di meno in enoteca e che nella grande distribuzione non spendono più di 3 o 4 euro a bottiglia. Le grande manifestazioni vanno sempre più diminuendo ed i produttori le disertano, solo qualche enoteca organizza assaggi con lo scopo di vendere poi il prodotto ma sono pochi. Bisogna salvare il vino italiano prima che sia troppo tardi.
m.furlan@vinoclick.org